sabato 18 aprile 2009

PISA: POCHI NON OBIETTORI MA MOLTA UMANITA'

"Anch'io ho avuto un aborto terapeutico quest'anno (2009 n.d.r.) alla 21 settimana di gestazione per trisomia 21, nell'ospedale di Pisa. Il mio bimbo è nato morto. Ho già avuto un'altra gravidanza andata a buon fine e questa volta avevo fatto la translucenza nucale e la probabilità di avere un feto affetto da trisomia 21 era di 1:2400. Sono stata indecisa se fare l'amniocentesi fino all'ultimo giorno e per fortuna ho seguito il consiglio di mio marito.
Anch'io sono stata affidata ad un ginecologo non obiettore
per abortire; l'ospedale è grande ma ci sono pochissimi ginecologi non obiettori. Cmq devo dire che l'esperienza dell'aborto terapeutico è traumatica perchè è un vero e proprio parto, ma l'accoglienza dei medici e personale paramedico non è stata malvagia.
Mi hanno dato una stanza in cui ero sola con le persone care, il tutto è avvenuto lì e poi immediatamente mi hanno addormentata e fatto il raschiamento.
Lo psicologo che ho incontrato prima dell'aborto mi ha consolata dicendomi che la scelta che stavo per compiere era difficile ma dovuta......mentre dopo non è stata prevista alcuna assistenza psicologica."

FONTE: riassunto di due mails rinvenute nella casella di posta al nickname Chiaranube, presso il forum di mamme sul sito www.alfemminile.com

domenica 12 aprile 2009

OSPEDALE DI VITERBO, SUCCURSALE DI RONCIGLIANO: OMISSIONE DI SOCCORSO PER GLI ABORTI AL PRIMO TRIMESTRE

Cara Laura,
intanto voglio specificare che il caso da me narrato è relativo ad un'igv nel I° trimestre, comunque, i fatti da me narrati si sono verificati nel febbraio 2009.
Ci tengo a testimoniare che quanto scritto nel comunicato (DONNA INFORMATA MEZZA SALVATA n.d.r.)è assolutamente vero! Confermo che la legge sull'interruzione di gravidanza viene calpestata regolarmente negli ospedali (pochi) che la applicano. In particolare presso l'ospadala di Viterbo, nella sua succursale di Ronciglione si pratica una vera e propria carneficina sul corpo delle donne di tutte le età e le razze che vi si recano per l'Ivg: niente anestesia, se non all'ultimo momento, quando la donna ha sofferto tutti gli effetti devastanti e dolorossissimi causati dall'ovulo che viene inserito senza rispettare i tempi (vomito, dolori al ventre e emorragia) e abbiamo forti dubbi che quando infine la donna sotto anenstesia viene portata in sala operatoria i medici, invece di fare la dovuta aspirazione, gioghino a briscola... il risultato è che ti mandano a casa e l'emorragia con conseguenti dolori prosegue per settimane. Da una ecografia fatta a distanza di pochi giorni è risultato che non c'era traccia di aspirazione...
Cari saluti, Katia

TESTIMONIANZA RINVENUTA SUL MIO GRUPPO SU FACEBOOK

mercoledì 8 aprile 2009

LETTERA AD UN MEDICO DI BASE, OBIETTORE DI COSCIENZA

Gentile Dottore,
noto con delusione che Lei purtroppo, come molti della Sua generazione e confessione, continuano a considerare l’interruzione volontaria di gravidanza come una vergogna e non invece come uno dei diritti per l’autodeterminazione della donna, quale invece è.
Lei mi dirà che questo suo atteggiamento verso il più triste dei diritti di noi donne è dovuto al fatto che Ella lo disapprova totalmente in tutti i suoi aspetti. Mi piacerebbe sapere allora che cosa è disposto a fare Lei come medico , nonché come uomo, nel rispetto delle leggi vigenti, per evitare che i suoi pazienti vadano incontro a quel che Lei continua a ritenere una piaga sociale. La tanto criticata 194 contiene già in se tutte le indicazioni per prevenire ciò che essa permette solo per evitare una tragedia peggiore; l’aborto clandestino, pericoloso per la vita delle donne, che molto spesso sono già madri di altri figli che vivono con lei in circostanze già difficili di per se. Quest’anno quasi ogni volta che ciascuno di noi suoi pazienti entravamo dalla porta del Suo studio, ci veniva consegnato un modulo da firmare atto alla tutela della nostra privacy; sarebbe disposto a fare qualcosa di simile, paziente per paziente, indirizzando tutti i maggiori di 18 anni, (giusto perché altrimenti i loro genitori potrebbero protestare) non solo quelli non sposati o molto giovani, verso il proprio consultorio di zona per farsi spiegare quanto siano fallaci i metodi contraccettivi “naturali”, anche se molto avvallati dalla chiesa? Potrebbe spiegare alle donne gravide che passano per il Suo studio che i metodi diagnostici precoci, insieme agli aborti terapeutici servono ad evitare la messa al Mondo di creature simili alla piccola Juliana Wetmore? Sarebbe disposto quindi ad indirizzare anche queste ultime verso il proprio consultorio di zona perché le possano spiegare la differenza fra un’interruzione di gravidanza al primo trimestre ed una alla seconda?
Se si ritiene disposto a fare tutto ciò, vorrà dire che individuando in Lei il mio medico di base, ho fatto la scelta giusta; altrimenti significherà che continuerò a rivolgermi a Lei solo giusto perché abitiamo vicini.
N.B. L'amore si fa in due; ma perchè siamo sempre noi donne a pagarne le conseguenze?
In fede
Vostra paziente (che ha perso la pazienza con gli obiettori che obiettando sulle altrui coscienze ostacolano la corretta applicazione di una legge dello Stato atta a salvaguardare la salute fisica e psichica delle donne)

martedì 7 aprile 2009

I VIAGGI PER L'ABORTO IN SVIZZERA

«È il fallimento della nostra politica di prevenzione»
«Una donna su tre è italiana»
Su 682 aborti eseguiti nel 2008, più di 200 sono stati richiesti da italiane. Picco di interventi in Canton Ticino

MILANO - È italiana quasi una donna su tre, di quelle che hanno interrotto la gravidanza in Ticino lo scorso anno. A lan­ciare l’allarme sul «turismo abortivo» in Svizzera è stato Carlo Luigi Caimi, avvocato e deputato del Gran Consiglio per il Ppd (la corrente dei de­mocristiani), che giovedì scor­so ha presentato una interpel­lanza al Consiglio di Stato de­nunciando il totale fallimento della politica di prevenzione del Cantone. I dati sono stati elaborati dal­l’Ufficio statistica e dall’Ufficio del medico cantonale. Nel 2008 in Ticino sono stati fatti 682 aborti, con un incremento dell’11,25% rispetto all’anno precedente (la tendenza italia­na è -3,9%). Nel 33 per cento dei casi le donne erano residen­ti «all’estero».

Quelle che vive­vano nel nostro Paese erano 221. Ancora più nel dettaglio: 206 proprio di nazionalità ita­liana, le altre cinque straniere. Cinque anni prima, nel 2003, il «turismo» aveva interessato 78 donne. «Queste cifre ci colpiscono e non potevamo osservarle in si­lenzio. Sul fenomeno abbiamo avanzato diverse ipotesi: uno dei problemi è dato dalla Ru486, che in Italia o non c’è o se ne fa un uso molto limitato. Gioca poi a nostro vantaggio il di­scorso della privacy, ri­gorosissimo. A questo aggiungiamo l’efficien­za del sistema sanita­rio e la quasi totale mancanza di tempi di attesa». L’avvocato Ca­imi legge così le stati­stiche che ha anticipa­to nella sua interroga­zione parlamentare. La voce «pillola abortiva», dunque, è la più im­portante nella scelta di andare nel Canton Ticino. Stando alle ultime statistiche, l’interruzio­ne delle italiane è stata farma­cologica in 180 casi, chirurgica in 25, e in uno ha richiesto en­trambi i metodi. La fascia di età coinvolta va dai 25 ai 29 an­ni in misura più larga (106), poi dai 30 ai 34 (novantadue) e dai 35 ai 39 (settantotto).

Silvio Viale, il ginecologo del Sant’Anna di Torino che da anni si batte per introdurre nel nostro Paese il farmaco aborti­vo, sulla materia ha molte cose da dire. «Il fenomeno del turi­smo non è nuovo. Molte pie­montesi si spostano in Fran­cia, così come le liguri. Per la Svizzera ero rimasto fermo ai Cantoni tedeschi. Chi si muo­ve, trova comunque una rete di assistenza al suo rientro, ga­rantita magari dallo stesso me­dico che ha suggerito il viag­gio ». Chi sono queste donne? «Persone che trovano le infor­mazioni su Internet. Che prefe­riscono spendere da 400 a 600 euro oltre confine piuttosto che fare le code nei nostri con­sultori, dove c’è sempre qual­cuno che ti può riconoscere o ricordarsi di te. E poi sono don­ne che non vogliono rischiare la corsa contro il tempo dei po­chi ospedali che oggi importa­no l’Ru486. Dal momento della richiesta alla Francia, in gene­re, passano 4-5 giorni: basta un imprevisto per far saltare l’aborto con la pillola». L’argomento della discrezio­ne è quello che convince di più Basilio Tiso, direttore sanitario della clinica milanese Mangia­galli, dove negli ultimi mesi i tempi di attesa si sono allunga­ti da 7 a dodici giorni a causa dell’aumento delle richieste. Commenta: «In quei numeri ci vedo semplicemente la voglia di abortire lontano da casa, di nascosto». Ancora, nel 2009.

Elvira Serra FONTE
07 aprile 2009